Cosa succede quando persone di diversa provenienza chiacchierano davanti a un caffè e a una torta? Il risultato è vicinanza, comprensione e nuove prospettive. È proprio questo l’obiettivo della nostra partecipazione all’#iniziativavarieta del Percento culturale Migros.

La Svizzera è multicolore. Il Paese riunisce lingue, culture, generazioni e stili di vita diversi, eppure molte persone vivono fianco a fianco piuttosto che insieme. L’#iniziativavarieta vuole cambiare questa situazione.

I caffè narrativi creano un luogo di incontro autentico. L’attenzione si concentra sulle esperienze personali, ad esempio sul tema della diversità: Come si presenta nella vita quotidiana? Come viviamo la differenza? Cosa ci unisce nonostante le nostre differenze? Quali sono le sfide e le opportunità che questo comporta? E cosa possiamo imparare gli uni dagli altri? Tutti condividono le proprie esperienze e tutti ascoltano, senza pregiudizi. Ed è proprio questo che rende i caffè narrativi così preziosi.

Parlare insieme per un noi con voi

Per incoraggiare il «noi con voi: insieme», il Percento culturale Migros lancia un concorso per vincere 1.000 buoni del valore di 250 franchi ognuno in giugno. I pacchetti di semi con il codice QR del concorso saranno disponibili dal 9 al 29 giugno nei negozi Migros.

Tra le attività possibili, i vincitori organizzeranno uno scambio sul tema della diversità nella vita quotidiana. Che sia in salotto con gli amici, a un aperitivo con i vicini o in uno spazio pubblico, ogni caffè narrativo è unico. La particolarità è che non serve un grande palcoscenico, ma solo apertura, curiosità e magari una porzione di torta.

Sostegno per la creazione del proprio caffè narrativi

Grazie al buono Migros, gli ospiti possono occuparsi del benessere fisico: caffè, aperitivo o fiori sul tavolo – tutto ciò che crea una buona atmosfera.

Oltre al buono, c’è anche un aiuto pratico per l’organizzazione: in collaborazione con la rete caffè narrativi, una guida pratica con domande di conversazione appropriate è stata redatta. Inoltre, i vincitori possono partecipare a un’introduzione gratuita online per acquisire fiducia nel processo e trovare ispirazione per organizzare la conversazione.

La diversità inizia con la comunicazione. Partecipate e fate incontrare le persone!

Per saperne di più

Rhea Braunwalder ha contribuito alla creazione della rete caffè narrativi dal 2017, inizialmente come responsabile del progetto e moderatrice, poi come co-direttrice fino a marzo 2025. In questa intervista con Vanda Mathis, ripercorre le sue esperienze nel corso di questi anni.

Come sei entrata a far parte della Rete caffè narrativi? Cosa ti ha spinto a far parte di questo progetto del Percento culturale Migros?

Dopo gli studi in etnologia, nel 2017 ho presentato una candidatura spontanea al Percento culturale Migros perché i suoi progetti sociali mi sembravano dinamici, colorati e vivaci. Poiché nel mio CV figurava la parola chiave «caffè narrativo», mi hanno invitato per una intervista e mi hanno presentato il progetto pilota «Rete caffè narrativi», di cui non avevo mai sentito parlare prima. È iniziato così uno stage istruttivo incentrato sul progetto dei caffè narrativi. Il mio primo compito è stato quello di co-autore della guida «Organizzare i caffè narrativi», che stiamo ancora utilizzando in una nuova edizione. Al termine dello stage, ho deciso di assumere un mandato per continuare a lavorare sul progetto.

Se guardi indietro agli ultimi anni, quali sono le tappe fondamentali, secondo te, che sono state particolarmente importanti per la rete?

Una tappa importante è stata la prima riunione della Svizzera francese a Losanna in 2019. Questo ci ha permesso di fare il passo verso una rete nazionale. Il Ticino ha raggiunto la rete nel 2020. Un’altra tappa fondamentale è stata la pubblicazione del libro «Erzählcafés: Einblicke in Praxis und Theorie» nel 2023, a cura di Gert Dressel, Johanna Kohn e Jessica Schnelle.

Ci sono stati punti di svolta, fasi di sconvolgimento o nuovi inizi?

Il primo finanziamento da parte di Promozione Salute Svizzera 2020 ci ha dato un senso di ottimismo, È stato anche un importante riconoscimento per me quando il formato dei caffè narrativi è stato inserito nell’elenco di orientamento dei Programmi d’azione cantonali per gli anziani (PAC) nel 2022.

In che misura il concetto di «caffè narrativi» è cambiato nel corso degli anni?

Il progetto del libro, in particolare, mi ha fatto comprendere che esistono diversi modi di organizzare li caffè narrativi nella regione DACH. Direi che la versione svizzera, con una parte di narrazione moderata seguita da un caffè informale, come insegnato da Johanna Kohn, si è consolidata nella rete. Nei 10 anni di esistenza della rete, siamo riusciti a far conoscere meglio il formato in alcuni ambienti, anche se in altre aree il formato rimane completamente sconosciuto.

Ci sono uno o due momenti o incontri particolarmente memorabili che ti sono rimasti impressi fino ad oggi?

Per me è stata impressionante la discussione del 5° atelier del 2019, che abbiamo organizzato sul tema «Raccontare-ascoltare-sperimentare la risonanza». Invitando il rinomato sociologo Hartmut Rosa, la rete ha attirato partecipanti dalla Svizzera, dall’Austria e dalla Germania. Questo ha portato a un grande riconoscimento e, naturalmente, a un’enorme spinta motivazionale per il team.

Ciò ch

e ho apprezzato molto durante il mio periodo alla rete è il lavoro di team. Tutti mettono il cuore e l’anima in quello che fanno. Ho sempre percepito l’impegno dei miei colleghi.

Che cosa ti ha toccato o ispirato di più nel corso degli anni?

Quando guardo la prima rivista annuale – nel 2018 era lunga tre pagine, nel 2024 già 15 – mi rendo conto di quanto siamo cresciuti e di quali risultati abbiamo raggiunto!

Che ruolo ha la narrazione per te personalmente – è cambiata la tua visione di questo formato?

Li caffè narrativi sono un formato piuttosto lento, che si basa sulla narrazione biografica e sull’ascolto senza giudicare. Ogni volta che ho potuto sperimentarlo, mi sono resa conto del potenziale di apprendimento: dalle esperienze degli altri si può trarre molto per la propria vita. Le storie personali chiariscono anche le costanti, ci si riconosce improvvisamente nelle proprie storie e rivelano molte risorse individuali. Per me, questa attenzione alle risorse è una caratteristica centrale degli storytelling café: come una persona ha affrontato una situazione, come ne parla?

Quali sfide avete affrontato nel corso degli anni, sia nella rete, sia nell’organizzazione o nei diversi caffè narrativi?

La questione di come far conoscere il formato del caffè narrativo non è semplice. Come e dove trovare i partecipanti? Come convincere le persone a provarlo? Questo è l’unico modo per sperimentare davvero il potenziale del formato. Anche il passaggio dal finanziamento totale da parte del Percento culturale Migros a una base finanziaria indipendente è certamente una sfida. Questo processo è ancora in corso.

Ci sono stati anche momenti di dubbio o di messa in discussione – e cosa ti ha spinto a continuare?

I dubbi sorgono quando si organizza un caffè narrativo e non si presenta nessuno. Ma il feedback positivo che riceviamo dagli caffè narrativi di successo ci spinge a continuare. Per me personalmente, è rimasto emozionante perché continuavo a trovare nuove cose che potevo fare in modo diverso o migliore.

Quale impatto pensi che questo progetto ha sui partecipanti, ma anche sulla società?

Le persone hanno bisogno di comunicare e purtroppo alcuni non hanno intorno a sé dei buoni ascoltatori. Il caffè narrativo dà ai partecipanti la sensazione di essere ascoltati. E i partecipanti possono imparare molto gli uni dagli altri per la propria vita. Vedo il caffè narrativo come uno dei vari formati che possono promuovere il dialogo e lo scambio in una società.

Cosa è cambiato nella tua vita professionale o privata grazie alla rete?

Personalmente, ho imparato molto. Soprattutto l’ambiente nazionale e trilingue, la formazione continua per diventare moderatore di caffè narrativi e di Art of Hosting e lo scambio con diversi progetti del Percento culturale Migros hanno influenzato fortemente il mio sviluppo professionale nei settori del sociale, della promozione della salute e del volontariato.

Quali sono le tue speranze per il futuro della rete?

Quando l’associazione è stata fondata nel 2022, inizialmente era importante creare nuove strutture orientate agli obiettivi. Ora esistono e funzionano bene. Per me, la questione ora è il ruolo dei membri dell’associazione: tutte le attività devono provenire dall’ufficio o vogliamo sfruttare meglio le risorse dei nostri membri nel senso del peer-to-peer, ad esempio per condividere esperienze e organizzare eventi? Possiamo aspettarci un impegno volontario da parte loro?

C’è qualcosa che faresti in modo diverso oggi – con le conoscenze attuali?

Con le conoscenze che abbiamo oggi, probabilmente non faremmo nulla di diverso, ma prenderemmo le decisioni più rapidamente. A volte ci è voluto molto tempo prima di sapere come volevamo procedere.

C’è qualcosa che vorresti trasmettere alla rete o alle persone che si uniscono oggi?

Auguro a tutti un caloroso benvenuto e che si divertano con i caffè narrativi e possano trarre beneficio dalle conoscenze della rete. È molto istruttivo quando le persone si visitano nei caffè narrativi e possono riflettere insieme in seguito. E che lo scambio internazionale con i nostri partner in Germania e Austria, che esiste fin dall’inizio, continui.

Siamo lieti di poter contare sul sostegno finanziario della Fondazione Walder e della Fondazione Paul Schiller di Zurigo per il nostro nuovo progetto “Caffè narrativi per la terza età”:

  • La Fondazione Walder sostiene progetti che contribuiscono a una qualità di vita ottimale nella terza età.
  • La Fondazione Paul Schiller di Zurigo sostiene progetti di beneficenza che mirano a uno sviluppo sostenibile, promuovono una società inclusiva, hanno un effetto moltiplicatore, sono attuali e di interesse generale.

Nei prossimi due anni, realizzeremo gli caffè narrativi nelle regioni pilota in collaborazione con le organizzazioni competenti nel settore dell’invecchiamento.

Dal 22 gennaio al 28 novembre 2024 Pro Familia Svizzera italiana presenta un’esposizione fotografica itinerante dal titolo “Famiglie – esplorando il passato, immaginando il futuro”. La mostra tocca le principali città ticinesi e racconta la storia e l’evoluzione della famiglia nel corso degli anni, celebrando le conquiste ottenute nell’ambito della politica familiare svizzera e ticinese.

Di Valentina Pallucca Forte

Quale occasione migliore per proporre un caffè narrativo su un tema legato all’esposizione fotografica? La scelta è ricaduta sul tema “La ripartizione dei ruoli all’interno della famiglia”, che mi è sembrato molto interessante e sufficientemente ampio per poter raccontare le proprie storie autobiografiche. Il 16 aprile 2024 ci siamo ritrovate in un piccolo gruppo di sette donne nella bella cornice della Filanda di Mendrisio per questo caffè narrativo.

Il tema si è rivelato impegnativo ma di grande ispirazione: tanto è cambiato nel corso del tempo, tanto deve ancora cambiare, gli aneddoti e le storie di vita da raccontate sono stati numerosi e variati. D’altronde, le partecipanti avevano percorsi di vita molto diversi, tutti a loro modo sorprendenti.

Le foto ispirano la conversazione

Soffermandoci davanti alle foto abbiamo potuto ripercorrere momenti importanti nella storia delle famiglie: la nascita delle prime assicurazioni sociali ad inizio ‘900, l’ingresso nel mondo del lavoro delle donne negli anni ’20,  l’avvento della lavatrice in tutte le case. Piccole o grandi rivoluzioni che hanno cambiato in meglio o  semplificato il quotidiano delle famiglie. Ogni foto ha stimolato la condivisione dei racconti,  riportando alla mente episodi della vita familiare di un tempo che oggi non esiste più (suscitando in più occasioni anche un sospiro di sollievo!).

L’incontro è stato reso ancora più interessante grazie alla presenza di una guida d’eccezione: Sandra Killer, coordinatrice progetti di Pro Familia Svizzera italiana, che ci ha accompagnate alla scoperta dell’esposizione fotografica con grande entusiasmo e competenza. Le domande sembravano non finire mai, tanta era la nostra curiosità su alcune delle tematiche legate all’evoluzione delle famiglie e in particolare al ruolo della donna.

Come sarà la famiglia del futuro?

Al termine del caffè narrativo ci siamo avvicinate al tabellone  con la domanda “Quale futuro vedi o vorresti per le famiglie?” e ogni donna partecipante ha detto la sua: nonostante la situazione sia nettamente migliorata rispetto a qualche decennio fa, emerge oggi in modo importante la questione della conciliabilità lavoro/famiglia: questione di cui spesso è la donna a farsi maggior carico. Per il futuro si auspica un maggior sostegno alla conciliabilità ed una ripartizione ancora più equa dei compiti. Siamo fiduciose perché tanta strada è già stata fatta e riponiamo nelle nostre figlie e nei nostri figli grande fiducia.

Abbiamo avuto la possibilità di trascorrere un paio d’ore del nostro tempo con persone che non conoscevamo, con cui abbiamo condiviso un piccolo pezzo della nostra storia, con cui abbiamo scoperto di avere qualcosa in comune oppure storie di vita completamente diverse, in un ambiente stimolante e informale. Come sempre, il caffè narrativo si è rivelato un’esperienza arricchente e, in questo caso particolare, direi anche formativa, in quanto ci ha permesso di conoscere molti aspetti della vita sociale del nostro paese che non conoscevamo.

Foto e video dall’archivio

  • La mostra fotografica è aperta dal 22 gennaio al 28 novembre 2024. maggiori informazioni
  • Historiahelvetica.ch è un luogo meraviglioso per ricordare i tempi passati. La piattaforma mostra un secolo di storia svizzera in immagini e video.

Nell’ambito dell’#iniziativaamicizia, la Rete caffè narrativi e Impegno Migros offrono una serie di caffè narrativi dedicati al tema dell’amicizia. Natalie Freitag, che coordina la Rete caffè narrativi nella Svizzera tedesca, ha intervistato Silvia Hablützel. Originaria dell’Appenzello Esterno, l’esperta moderatrice parla del significato che ha per lei l’amicizia.

Intervista: Natalie Freitag
Foto: messa a disposizione

Natalie Freitag: Silvia, che significato dai all’amicizia? E quanto conta per te?

Silvia Hablützel, infermiera e moderatrice di Herisau: Per me è molto importante. Sono le persone a essere importanti per me. È importante incontrarsi, confrontarsi, affrontare insieme gli alti e bassi della vita. “Sono le persone che incontriamo a rendere la vita degna di essere vissuta”: questa citazione di Guy de Maupassant è per me molto significativa.

Hai un’amicizia di lunga data? O una recente? Come e dove sono nate queste amicizie?

Ho amicizie di lunga data che per me sono state molto importanti e intense in un certo momento della mia vita, per esempio ai tempi della mia formazione, quando condividevamo sogni e visioni. Tre amicizie che risalgono a quel periodo mi hanno accompagnato nella vita. Grazie a loro ho anche conosciuto mio marito, perché siamo stati entrambi testimoni al matrimonio di una di queste amiche. Con i vecchi amici condivido storie, esperienze e avventure. Sono cose che uniscono. Ma nella mia vita sono entrate anche nuove amicizie ed è emozionante poter conoscere e scoprire cose nuove. Ci sono anche amiche che non vedo da tanto tempo e con cui non ho contatti, ma il legame emotivo rimane e sappiamo di poter contare sempre l’una sull’altra.

Ci sono state anche delle amicizie che si sono perse nel corso del tempo?

Sì, è successo anche questo. Un’amicizia si è interrotta bruscamente e dall’avere contatti regolari siamo passate a non averne affatto. Anche le esperienze dolorose e le separazioni fanno parte dell’amicizia.

Sei una buona amica? Cosa fai per esserlo?

Sì, direi di sì. So ascoltare, sono disponibile. Ascoltare, esprimere francamente ciò che ci pensa ed essere una spalla che sia anche critica, vale a dire lanciare dei segnali che esprimano un’offerta, costanza, fiducia e cura della relazione, ad esempio scrivendo delle lettere. E poi per me è importantissimo ridere insieme.

Raccontaci qualcosa di te e del tuo lavoro con il caffè narrativo!

Da quattro anni organizzo caffè narrativi a Herisau, Heiden e Stein nel Cantone Appenzello Esterno nell’ambito del mio lavoro presso Pro Senectute. I caffè narrativi offrono l’opportunità di adempiere a parte del mio compito, che consiste nel promuovere la salute in età avanzata, favorire lo scambio e sviluppare un senso di comunità, contrastando la solitudine. Da qui nascono incontri, a volte anche amicizie. Ci si conosce in paese e quando ci si incontra si va anche a bere un caffè insieme. Le cose che mi piacciono di più sono la profondità e l’intensità che il caffè narrativo rende possibili. In solo una o due ore si ha l’opportunità di avvicinarsi alle persone e di condividere cose molto personali.

Qual è la storia che spontaneamente ti viene in mente sul tema dell’amicizia?

Questa è una bella storia: eravamo a un caffè narrativo dedicato alle situazioni difficili. Una signora aveva d’impulso portato con sé la sua vicina di casa, che aveva dovuto fare sopprimere il suo cane quella stessa mattina. Era presente anche un uomo che amava molto i cani. I due si sono conosciuti lì e ora sono una coppia. Hanno appena preso un cucciolo di cane insieme.

Sulla persona

Silvia Hablützel è una moderatrice esperta di caffè narrativi. È infermiera SSS/BScN e responsabile del programma cantonale “Zwäg is Alter” di Pro Senectute AR. Stai cercando un moderatore o una moderatrice per il tuo caffè narrativo? Trovi i contatti qui.

Il 17 ottobre 2023 si è svolto a Lugano presso la SUFFP – Scuola universitaria federale per la formazione professionale,  l’incontro tematico di approfondimento della Rete caffè narrativi per la Svizzera italiana. Per questo evento abbiamo scelto un tema tanto importante quanto complesso: la gestione della privacy durante la condivisione delle storie autobiografiche. All’evento hanno preso parte Marilù Zanella (Auto aiuto Ticino), Noè Albergati (SUFFP), Ludmila Crippa (moderatrice della Rete Caffè narrativi), Michelle Colombo (autrice di una tesi sull’aiuto formale e informale).

Di Valentina Pallucca Forte

Il tema scelto ci ha permesso di mettere a confronto diversi metodi di condivisione, con i quali a volte si fa confusione: in particolare, il gruppo di auto-aiuto e la Human library.

Partendo dal presupposto che chi partecipa ad un caffè narrativo ha voglia di svelare una piccola (o grande) parte del proprio vissuto, può succedere che la persona cominci a raccontare troppo di sé. Capita a volte che presi dal momento, dall’ambiente informale ed accogliente, ci si lasci andare e si sveli alle altre persone più di quanto in realtà si desidera o si era pianificato.

Nel gruppo di auto-aiuto la situazione è forse ancora più delicata, poiché spesso si affrontano dei temi sensibili. Se, ad esempio,  partecipo ad un gruppo di auto-aiuto sul tema dell’anoressia perché mia figlia ha un disturbo alimentare, chi mi vede partecipare si rende conto che nella mia famiglia c’è questa problematica. Chi protegge la privacy di mia figlia? Quanto posso raccontare di lei all’interno del gruppo? Qual è il limite in questi casi? Durante l’incontro è emerso che in città piccole come Lugano la questione diviene ancora più delicata, in quanto è possibile che durante il gruppo si incontri qualche persona che si conosce.

Incontro di Human library

Un’interessante testimonianza è giunta da una partecipante, che ha voluto sperimentare anche un ulteriore metodo di condivisione: la Human library. Durante un incontro di Human Library le persone si trasformano in libri pronti da essere sfogliati. Si mettono a disposizione delle altre persone per un tempo determinato, pronti ad essere letti, vale a dire a ricevere domande sulla propria storia personale. Questa la sua testimonianza:

“Ho accolto subito e con grande entusiasmo la proposta di prestarmi come libro umano per la Human library, ma condividendo la notizia con la mia famiglia ho riscontrato parecchie resistenze da parte loro. La storia della mia vita è intrecciata con quella dei miei familiari e loro non erano entusiasti quanto me di condividerla in pubblico. Alla fine, ho preferito tirarmi indietro per salvaguardare la loro privacy.”

Grazie a questo racconto capiamo come le nostre storie di vita sono inevitabilmente connesse con le storie di vita dei nostri familiari, amici, persone vicine. Nonostante sia possibile mettere in atto una serie di piccole strategie per preservare la nostra privacy o quella delle persone vicine a noi, stabilire un limite oltre al quale decidiamo di non spingerci, vale sempre la pena ribadire a chi partecipa l’invito alla riservatezza e al rispetto di ciò che viene condiviso.

Nell’ambito della gestione della privacy si manifesta con decisione l’importanza del ruolo del moderatore o della moderatrice in fatto di protezione della persona che racconta, che è chiamato/a ad individuare e gestire con sensibilità le situazioni che possono mettere a rischio la riservatezza di chi racconta la propria storia.

La moderazione di un caffè narrativo è un’arte che si impara strada facendo. A questo proposito, ricordiamo che la Rete caffè narrativi offre regolarmente corsi introduttivi per diventare moderatori e moderatrici di caffè narrativi, oltre a momenti di scambio e approfondimento.

Sulla nostra agenda è possibile trovare gli eventi in programma prossimamente.

Maggiori informazioni sulla Human Library in questo video:

Il 15 settembre 2023 ha avuto luogo la Giornata Internazionale della Democrazia. La scuola di Poschiavo ha aderito con entusiasmo all’iniziativa: tutte le 9 classi dell’istituto (circa 130 allieve e allievi) si sono ritrovate, con il proprio insegnante di classe e alcuni membri del Parlamento giovanile, per un caffè narrativo sui vari temi della democrazia. Catia Curti, responsabile del grado secondario I delle scuole di Poschiavo, ci racconta qualcosa di più su questa giornata.

Forte, intensa, liberatoria. Questi sono alcuni degli aggettivi usati dagli allievi del GSI di Poschiavo per definire l’esperienza del caffè narrativo tenutosi venerdì 15 settembre sul tema della democrazia. Un’ora e mezza di chiacchierate, discussioni, a volte di voci che si alzavano, altre di lacrime che scendevano. I membri del parlamento giovanile, allievi di terza che dallo scorso anno si fanno portavoce delle necessità dei giovani in valle, hanno scelto un tema, nel variegato mondo della democrazia, e lo hanno presentato alle singole classi. Da lì sono partite le discussioni.

La democrazia per noi

Si è parlato di libertà di espressione, arrivando a condividere esperienze di chi non sempre si sente libero di esprimersi ed essere sé stesso in famiglia, a scuola, con gli amici. Si è discusso di conflitti, a livello mondiale ma anche interiore. Ci si è chiesti cosa sia realmente l’uguaglianza e quanto ancora sia lontana la sua attuazione, sia nella multiculturalità globale che nella piccola realtà globale. Si è spaziato da cosa vuol dire eleggere dei rappresentati, partendo dalle votazioni a scuola per i membri del parlamento giovanile, a proporre delle iniziative culturali da portare avanti nelle lezioni. Ci si è interrogati su cosa sia un bene pubblico e quali sono i doveri di ciascuno per il mantenimento e il rispetto di ciò che appartiene a tutti.

Ogni classe, ogni gruppo, ogni allievo ha avuto modo, in queste due lezioni, di esternare i suoi pensieri, i suoi stati d’animo. Ha avuto l’occasione di parlare di temi spesso poco affrontati dai giovani e invece assolutamente utili e attuali. E ciascuno lo ha fatto con molta maturità e convinzione, mantenendo sempre alto il livello della discussione. L’esperienza ha riscosso un grande successo e in molti hanno già chiesto quando sarà il prossimo caffè narrativo.

Spesso si pensa che il tempo passato a chiacchierare sia tempo sprecato nella frenesia delle attività quotidiane. È invece una pratica assolutamente utile e salutare perché è propria dell’essere umano la necessità di condividere, di scambiare opinioni, di dialogare. E quale occasione migliore di un caffè narrativo per parlare di ciò che rende gli uomini felici e liberi: la democrazia!

Di Catia Curti, responsabile del grado secondario I delle scuole di Poschiavo

 

Nino Züllig è emigrata in Germania dalla Georgia in giovane età. Dal 2014 vive a Basilea, dove lavora come interprete. Insieme alla HEKS di Basilea Città e Campagna, ha condotto come moderatrice dei caffè narrativi interculturali. Persone originarie dell’Ucraina e della Georgia hanno parlato della propria nazione e della vita in Svizzera.

 

Ti ricordi del tuo primo caffè narrativo?

Nino Züllig: Come no! Nell’ambito del progetto AltuM – Terza età e migrazione, la HEKS di Basilea Città e Campagna voleva offrire dei caffè narrativi a persone anziane immigrate. Dato che lavoro da molto tempo come interprete per la HEKS, sapevano che parlo russo. Nella primavera 2022 ho tenuto il mio primo caffè narrativo. Hanno partecipato alcune persone rifugiate ucraine e una coppia georgiana di mia conoscenza.

Perché avete proposto il caffè narrativo in russo?

In Ucraina molte persone sono bilingui e, oltre all’ucraino, la loro lingua madre, parlano anche russo. In Georgia la maggior parte delle persone anziane è ancora in grado di comunicare in russo. Il russo rappresentava quindi la nostra lingua comune.

Come viene percepito da un’ucraina un caffè narrativo in russo?

Sapevo che avrei dovuto adottare la giusta cautela nell’offrire un caffè narrativo interculturale in russo. Non si può ignorare la politica. Di solito un caffè narrativo è un ritrovo piacevole in cui ci si sente a proprio agio. Nella mia iniziativa la guerra aleggia sempre sullo sfondo. Come moderatrice devo avere sempre molto tatto, di modo che la conversazione risulti tranquilla e pacifica e le persone si trovino bene. Sia quelle a cui piace parlare russo, sia quelle che non amano questa lingua. Penso di avere un buon riscontro perché vengo dalla Georgia e comprendo entrambe le parti.

Qual è il tuo consiglio?

Durante il caffè narrativo succede spesso che un’ucraina riceva una notizia dal marito in guerra e dunque si distragga. Capisco che poi ne voglia parlare. Nel mio ruolo di moderatrice devo andarle incontro e lasciarla esprimere, ma poi anche tornare al tema dell’incontro. Il caffè narrativo deve essere un luogo di distensione dove si possa parlare di qualcosa di diverso. Il mio consiglio per moderatrici e moderatori è cambiare argomento lentamente e con cautela.

Quali sono i tuoi argomenti preferiti?

Il mio primo argomento è stato “Io in Svizzera”. Le persone hanno riflettuto su come si sentono qui, su com’è stato in passato e sulle difficoltà che devono affrontare. Dopodiché ho individuato un altro argomento: “Vivere bene in Svizzera senza spendere troppo”. Ne è derivato uno scambio di esperienze molto arricchente. Una volta preso il ritmo, ho scelto anche temi più leggeri come “Bellezza e moda”.

Al tuo caffè narrativo partecipano soprattutto persone over 55. Cosa le preoccupa?

La lingua tedesca è lo scoglio principale: le persone anziane fanno fatica ad apprendere. Più si invecchia, più l’esperienza migratoria diventa difficile. Si arriva in un luogo di cui non si parla la lingua e non si conosce la cultura – un vero salto nel buio. Organizzo questi caffè narrativi con passione ed empatia, perché so comprendere bene le preoccupazioni delle persone.

Cosa ti ha sorpreso maggiormente?

Si fanno continuamente delle scoperte. A prescindere da dove siano cresciute le persone, alcune cose sono uguali dappertutto. Una volta abbiamo svolto un caffè narrativo con persone della Svizzera, dell’Ucraina e della Georgia. E abbiamo notato che da piccole tutte facevano giochi simili e avevano persino cibi preferiti simili. La mia conclusione è che il mondo è piccolo, non siamo poi così diversi.

Intervista: Anina Torrado Lara

Legenda: Nino Züllig ha proposto la preparazione dei biscotti come tema per un caffè narrativo.

 

L’intervistata

Nino Züllig ha studiato tedesco all’università in Georgia e si è trasferita in Germania da giovane. Nel 2014 si è spostata con il marito a Basilea. Lavora come interprete interculturale e organizza regolarmente caffè narrativi. Nel tempo libero ama stare con la famiglia e a contatto con la natura incontaminata.

Caffè narrativi interculturali

Dal 2022, nell’ambito del progetto AltuM – Terza età e migrazione, la sede di Basilea Città e Campagna della HEKS offre caffè narrativi. Sei mediatrici e mediatori culturali hanno seguito un apposito corso di formazione con Johanna Kohn e da allora propongono caffè narrativi in diverse lingue. L’iniziativa proseguirà anche quest’anno. I caffè narrativi sono legati tematicamente con altre offerte del progetto AltuM di Basilea Città e Campagna.

L’idea di questo progetto è nata da Lorenza Campana, volontaria di due progetti del Percento culturale Migros – Caffè narrativi e TaM Tandem al museo. L’idea di Lorenza è stata di integrare i due progetti per realizzare un pomeriggio inclusivo. In quel periodo la Fondazione Lindenberg ospitava un’esposizione di sculture dell’artista ticinese Veronica Branca Masa, dal titolo “Frammento infinito”.

 

Articolo: Valentina Pallucca Forte e Lorenza Campana

 

  • COME AVETE ORGANIZZATO IL CAFFÈ NARRATIVO?

L’idea di Lorenza è stata la seguente: un pomeriggio durante il quale persone non vedenti/ipovedenti e persone vedenti potessero provare le stesse sensazioni attraverso un’esperienza di visita tattile al museo. Abbiamo avuto il privilegio di poter toccare le sculture e di avere con noi la presenza della scultrice, che ha apportato un contributo importante al pomeriggio fornendoci aneddoti e curiosità sulle sue opere. Per consentire a tutti i partecipanti di vivere la medesima esperienza, alle persone vedenti sono state fornite delle mascherine oscuranti da posizionare sugli occhi. Questa  esperienza tattile sarebbe stata accompagnata da un Caffè narrativo sul tema del contatto.

L’organizzazione dell’evento ha richiesto il lavoro congiunto di diversi attori – Caffè narrativi, TaM, centro diurno Casa Andreina, fondazione Lindenberg – Ne è risultato un pomeriggio spensierato ed arricchente per tutti, un’esperienza da ripetere in futuro.

  • QUALE TEMA AVETE SCELTO?

Il Caffè narrativo ha seguito la visita tattile all’esposizione di sculture. Il tema che abbiamo scelto è stato proprio “Con-tatto”, con un gioco di parole relativo al contatto con una superficie, ma anche “con il tatto”, dunque utilizzando il senso del tatto ma anche il muoversi ‘con tatto’ nel rispetto di tutti. L’idea era far sì che i partecipanti condividessero i propri racconti in relazione al contatto. Come è cambiato negli anni, e ancora in periodo di Covid? Quali strategie abbiamo messo in atto per mantenere comunque i contatti in tempo di pandemia? Qual è un contatto particolarmente significativo e che ha avuto un impatto nella nostra vita? Dato che la fase del Caffè narrativo si è svolta successivamente alla visita al museo, in effetti si è poi creata una situazione in cui i partecipanti hanno piuttosto condiviso le loro sensazioni ed emozioni in relazione alla visita appena vissuta. Con Lorenza abbiamo ritenuto giusto concedere il giusto spazio alla volontà di esternare questo tipo di racconti, anche perché – come ci è stato detto dai partecipanti – non capita spesso di poter vivere un’esperienza di questo tipo in un museo.

  • CHI SONO STATI I PARTECIPANTI?

Il nostro obiettivo era coinvolgere gli utenti del centro diurno casa Andreina – Unitas, vale a dire persone non vedenti o ipovedenti e persone vedenti, insieme. Possiamo dire di averlo raggiunto, infatti hanno partecipato 6 persone non vedenti/ipovedenti, e 6 persone vedenti.

  • QUALI BARRIERE SONO STATE PRESE IN CONSIDERAZIONE? QUALI ERANO LE SFIDE E COME SONO STATE AFFRONTATE?

Con Lorenza Campana abbiamo svolto un sopralluogo alla Fondazione Lindenberg per capire dove disporre le sedie per il Caffè narrativo. Abbiamo scelto un angolo in pianura, privo di scale, con le sedie già disposte a cerchio e pronte per accogliere i partecipanti.

  • C’è UN MOMENTO CHE RICORDATE CON PARTICOLARE PIACERE?

Durante il Caffè narrativo un partecipante non vedente dalla nascita ha raccontato in che modo percepisce i colori: ogni colore è associato ad una melodia (rosso – melodie allegre e movimentate, blu – melodie calme, e così via). È stato un momento particolare e interessante perché alcuni dei partecipanti vedenti non avevamo mai pensato a questo aspetto della vita di una persona non vedente.

  • QUAL È IL BILANCIO DI QUESTA ESPERIENZA?

Il bilancio è senza dubbio positivo. Il Caffè narrativo è stato leggermente diverso rispetto al modo in cui lo avevamo pianificato, rivelandosi comunque un ottimo strumento di coesione sociale e di condivisione. Abbiamo capito che una certa flessibilità è importante e che a volte è necessario cambiare in corsa il progetto iniziale. Sarà utile fare tesoro di questa esperienza: la prossima volta svolgeremo prima la fase del Caffè narrativo e solo dopo la visita al museo, in modo che questa non diventi eccessivamente predominante durante la  fase della narrazione.

L’integrazione con altri progetti di tipo sociale è certamente da ripetere.

  • COSA PENSATE DEL METODO DEL CAFFÈ NARRATIVO?

I Caffè narrativi sono un’ottima occasione per condividere pensieri e vissuti con persone che potrebbero essere inizialmente anche sconosciute tra loro.

L’intento è quello di creare coesione sociale, integrazione e comprensione reciproca, di far sentire tutti a proprio agio in modo che si possa percepire sia il calore umano degli altri partecipanti, ma anche come le vite – in fondo – abbiano spesso un punto d’incontro e degli intrecci in comune anche quando le particolarità di ognuno possano far pensare diversamente in un primo momento.

Caffè narrativo: il programma di promozione

Il Caffè narrativo “Con-tatto” ha ottenuto un incentivo di sostegno. Per maggiori informazioni su come candidare la vostra proposta, sul sito troverete tutte le info – Programma di promozione 2022.

Di un caffè narrativo si può dire che sia stato intenso, emozionante, toccante, leggero, allegro o triste. Ma si può affermare che sia stato un successo o, al contrario, un fallimento? Nel secondo caso, non si tratterebbe forse di mettere in dubbio la qualità dei racconti condivisi? Ma i racconti non si giudicano e non si valutano: non sono né buoni né cattivi, né giusti né sbagliati. Sono semplicemente racconti. No, le ragioni per le quali un caffè narrativo possa essere un’occasione “mancata” vanno ricercate altrove: nella preparazione, nella conoscenza preliminare, nell’accoglienza del pubblico e nel contesto.

 

Testo: Anne-Marie Nicole

A inizio dicembre 2021, il Museo Ariana di Ginevra ha organizzato un weekend di festa e partecipazione denominato “L’art pour tous, tous pour l’art” (“L’arte per tutti, tutti per l’arte”) e dedicato all’inclusione e alla diversità del pubblico, con una programmazione culturale che puntava a considerare le attività da una pluralità di prospettive. Nell’ambito di questo evento sono stati proposti due caffè narrativi. In passato presso il museo erano già stati organizzati altri caffè narrativi su iniziativa della mediatrice culturale Sabine. In occasione di questi incontri, il Museo Ariana ha voluto mettere a disposizione del pubblico i propri spazi per fargli sperimentare i benefici della conversazione empatica.

È stato scelto il tema “Piaceri e dispiaceri”, con l’intento di consentire alle persone partecipanti di parlare dei piccoli piaceri che sono il sale della vita e che, come la madeleine di Proust, rievocano gli odori e le emozioni dell’infanzia. E dato che l’obiettivo di questo weekend era stimolare le facoltà sensoriali dei diversi destinatari dell’iniziativa, il tema doveva anche spingere a parlare di ricordi ed esperienze sensoriali: il piacere e il dispiacere dei sensi, il gusto e il disgusto, i buoni e i cattivi odori, la vista e l’udito, che possono regalare grandi gioie ma che purtroppo mancano a determinate persone…

Il sabato, al termine del primo caffè narrativo, che ha visto la partecipazione di una dozzina di persone con e senza disabilità, noi animatrici e mediatrici eravamo insoddisfatte: ci sentivamo come se l’incontro fosse stato sconclusionato, incompiuto. Avevamo in testa ancora le tante emozioni dei caffè narrativi precedenti, durante i quali gli interventi si susseguivano in modo naturale e le storie degli uni facevano eco a quelle degli altri. Ma questa volta, nonostante l’arricchimento fornito da alcune testimonianze e la traduzione nella lingua dei segni che ha reso più dinamico il confronto, eravamo deluse. Cosa non aveva funzionato?

Abbiamo individuato delle ragioni riconducibili in parte alle condizioni esterne e in parte alla preparazione del caffè narrativo.

  • Il contesto. Le condizioni di accoglienza erano ancora influenzate dalle misure di protezione sanitaria contro la pandemia. Di conseguenza, l’ampia sala era stata abbondantemente arieggiata e la temperatura relativamente fresca spingeva a tenere addosso i cappotti. Le sedie, molto distanziate tra loro, formavano un grande cerchio che privava il gruppo di una certa intimità. L’obbligo di indossare la mascherina rendeva a volte poco comprensibili gli interventi. I rumori provenienti dagli altri ambienti del museo distraevano e disturbavano l’ascolto; lo stesso vale per l’andirivieni in sala dovuto ad alcune persone arrivate in ritardo, che tra l’altro non avevano potuto ascoltare le indicazioni iniziali sullo svolgimento del caffè narrativo. Infine, sempre per motivi legati alle misure sanitarie, abbiamo dovuto rinunciare alla parte del “caffè” informale – un momento fondamentale per allacciare dei legami.
  • La preparazione. A posteriori, devo ammettere che ho perso di vista la cornice in cui si svolgevano questi due caffè narrativi. Invece di valorizzare le esperienze sensoriali che le persone partecipanti avevano appena vissuto durante la giornata al museo e di collegare tutto questo a ricordi ed eventi del passato, ho trattato in modo troppo diffuso il tema “Piaceri e dispiaceri”. Questo spiega sicuramente la natura sconclusionata e talvolta incoerente dell’incontro, e probabilmente anche la frustrazione di quelle persone che non hanno potuto esprimersi sulle scoperte e le sensazioni della giornata.
  • Il gruppo. A tutto questo si aggiunge la questione della diversità del pubblico, costituito da persone con disabilità fisica o psichica, da loro familiari e accompagnatori/trici. Con il senno di poi, penso che io e le altre avremmo dovuto lavorare di più sulla dimensione inclusiva della formula del caffè narrativo, ad esempio affidando l’animazione a una persona disabile.

Per il secondo appuntamento abbiamo fatto qualche adeguamento, soprattutto di ordine logistico: ad esempio, abbiamo chiuso la porta della sala all’orario stabilito per l’inizio dell’incontro. Le considerazioni sulla preparazione dell’argomento e sull’accoglienza dei diversi tipi di pubblico sono arrivate successivamente, dopo un momento di confronto tra animatrici e mediatrici e di riflessione personale, come indica del resto la Guida pratica per l’organizzazione dei caffè narrativi.

Questa esperienza mi ha insegnato che ogni caffè narrativo è unico – con il suo ritmo, la sua dinamica e la sua atmosfera. In particolare, mi ha fatto capire quanto sia importante scegliere un luogo accogliente, conviviale e rassicurante, ma anche prepararsi adeguatamente: è essenziale prendersi tempo per riflettere sul tema scelto, innanzitutto in funzione di sé, ma anche del pubblico atteso. Così da poter poi far fluire al meglio la conversazione.